La spiegazione

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La madre del ragazzo ha iniziato a piangere. Mi sono quindi rivolta a mia figlia per saper come fossero andate le cose.

Mia figlia: “Continuava a tirarmi il reggiseno. Gli ho chiesto di smetterla, ma non lo ha fatto. L’ho detto all’insegnante e lui mi ha siggerito di ignorarlo. Ma poi lo ha fatto di nuovo e mi ha slacciato il reggiseno. L’ho colpito e ha smesso”.

Mi sono rivolta all’insegnante.

Io: “Quindi è lei che glielo ha lasciato fare? Perché non lo ha fermato? Perché non viene qui e mi fa toccare la lampo dei suoi pantaloni?”.

Insegnante: “Cosa?!”.

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Io: “Le sembra inappropriato? Perché non si avvicina alla consulente e le tocca il reggiseno o alla madre di questo ragazzo. O a me. O persino a mia figlia. Pensa che solo perché sono dei ragazzi vada bene?”.

Preside: “Con tutto il rispetto, ma sua figlia ha colpito un compagno”.

Io: “No. Mia figlia si è difesa da una molestia sessuale perpetrata da un altro studente. Guardateli: lui è una spanna più alto e due volte più grosso. Quante volte avrebbe ancora dovuto permettergli di toccarla? Se la persona che doveva aiutarla e proteggerla in classe non lo ha fatto, cosa doveva aspettare mia figlia? Che le distruggesse il reggiseno?”.

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