La lettera di Gerry

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“Di questo mio tormento ho parlato con diversi preti, più amici che consulenti spirituali, e loro, conoscendomi, sapendo qual è la mia storia di cristiano, mi hanno dispensato dal sentire la sofferenza. Devo confessarti, direttore, che non mi ero sposato in chiesa la prima volta, ma in Comune, per rispettare le esigenze della mia ex moglie. E adesso con la mia compagna voglio ponderare bene l’idea del matrimonio in chiesa. Soprattutto per rispetto ai figli delle nostre unioni precedenti, che vanno tutelati e protetti. Il prete e la comunità possono essere benevoli verso di me, ma cosa diranno i nostri figli? E poi se ho sbagliato una volta e il buon Dio mi ha perdonato, non posso rischiare di sbagliare ancora. Non ho mai voluto parlare dei miei fatti privati. Se adesso ho scelto di intervenire è perché questo tema mi sta davvero a cuore. Perché l’apertura nei confronti dei divorziati auspicata dal cardinale Martini mi sembra fondamentale. Arrivare a questo è un traguardo fino a pochi anni fa inimmaginabile. E non oso andare più avanti, a una sorta di benedizione sulle unioni di fatto, perché capisco che è un concetto troppo moderno. Ma accogliere nella Chiesa quanti come me hanno sbagliato è un vero atto di carità cristiana”. CONTINUA A LEGGERE

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