Lo scioglimento dei ghiacci siberiani potrebbe riportare alla luce patogeni sopiti per migliaia di anni. Uno scenario apocalittico che però, secondo un team di scienziati francesi, potrebbe non essere così distante
Il riscaldamento globale sta provocando dei danni non indifferenti alla nostra terra: il terreno ghiacciato della tundra siberiana si scioglie, trivelle e pozzi cominciano a bucare il sottosuolo a caccia di gas e petrolio. È un virus che ha dormito per qualcosa come 30mila anni nel ghiaccio si ‘risveglia’ e attacca l’uomo, che non possiede difese immunitarie per contrastarlo: sembra davvero l’inizio di una pellicola apocalittica, produzione hollywoodiana.

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È qualcosa di simile, con un po’ di fantasia, a quello che temono gli scienziati ed è, a conti fatti, un’altra delle minacce che il “global warming” potrebbe riservare. Lo sostengono i ricercatori che stanno davvero per risvegliare, in laboratorio, il “Mollivirus sibericum”, scoperto nel 2015 all’estremità orientale della Russia nella remota regione di Kolyma, all’interno del permagelo siberiano. Ma non prima di aver verificato con sicurezza che non può provocare malattie pericolose per l’uomo o gli animali.

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