Legge 2016 PRELIEVO FORZOSO dai vostri risparmi: ecco come difendersi

È un problema che potrebbe verificarsi da un momento all’altro e molti si chiedono cosa fare se la Banca può attingere al vostro conto corrente?
BRRD è un acronimo che a molti non dirà nulla ma è una direttiva che è entrata in vigore in Italia dal 1 gennaio 2016. La “Bank recovery and resolution directory” commuta il classico meccanismo “bail-out” in cui era lo Stato e tutti i suoi contribuenti (tramite le tasse) a salvare l’istituto in “bail-in” in cui saranno i obbligazionisti, gli azionisti e i correntisti a sobbarcarsi questa responsabilità. In poche parole se c’è una falla che mette a rischio la vita della banca saranno i privati relazionati a quell’istituto e non le casse pubbliche a rimediare. Fermi tutti, non correte a chiudere i vostri conti bancari!

I correntisti infatti saranno l’ultima soluzione, a fronte dell’onere degli azionisti. Se questo non bastasse, toccherebbe agli obbligazionisti con obbligazioni subordinate, poi agli obbligazionisti e infine agli obbligazionisti senior che sono la categoria meno a rischio dei tre. Qualora anche questi interventi fossero vani allora entrerebbero in scena i correntisti ma anche qui ci sono delle clausole. I correntisti interessati alla manovra saranno solo quelli con un fondo maggiore di 100mila euro grazie alla tutela del deposito interbancario. Se il conto è cointestato a una coppia? Allora la banca coprirà fino a 200mila euro.
E se un cliente ha diversi conti? In questo caso il fondo non è moltiplicato per il numero di conti correnti ma rimarrà sempre fisso a 100mila euro. Ovviamente la richiesta della banca varrà solo per il conto corrente aperto in quella determinata banca e l’esistenza di altre fonti non verrà minimamente intaccata.
Fonte:Retenews24

Canone Rai seconda casa: modulo per evitare il pagamento

Non tutti hanno già capito cosa succede con la legge di Stabilità, che prevede la riscossione dell’imposta sulla televisione attraverso la fattura dell’energia elettrica collegata alla casa di residenza: chi ha la seconda casa paga una sola volta il canone Rai, mentre chi ha due residenze lo paga due volte. Questa dovrebbe essere il criterio logico, ma anche per gli anni futuri varranno gli stessi principi applicati in passato, ossia:
– è dovuto un solo canone per nucleo familiare: quindi, basterà che a pagare, per la stessa famiglia, sia un solo soggetto (per esempio, il padre o la madre) affinché tale adempimento valga anche per gli altri membri, liberandoli dall’obbligo medesimo. Diverso il discorso nel caso di coppia di conviventi: non essendosi in presenza di uno stesso nucleo familiare, si dovrà pagare due volte;
– è dovuto un solo canone a prescindere dal numero di televisioni presenti all’interno dell’appartamento del nucleo familiare;
– è dovuto un solo canone a prescindere dal numero di immobili detenuti dal nucleo familiare: così, per esempio, se il sig. Rossi, con nucleo familiare composto da quattro persone, è titolare di un’abitazione in città (ove ha fissato la residenza propria e dei suoi familiari) e di una al mare, pagherà l’imposta sulla televisione solo con il contratto della luce del primo immobile e non del secondo. Sarà già la stessa compagnia elettrica in grado di stabilire se il canone andrà addebitato o meno, recependo le indicazioni fornite dall’utente, all’atto della sottoscrizione del contratto, sulla destinazione dell’immobile (se di residenza o meno).
Penalizzante è però l’ipotesi di coppia con seconda casa qualora i coniugi abbiano fissato una residenza differente l’uno dall’altro. Soluzioni per non pagare due volte il canone Rai
Oltre alla possibilità di disdire l’utenza elettrica in uno dei due immobili, l’alternativa è quella di ricorrere all’autocertificazione con cui si dichiara la non presenza di una televisione.

Cannabis legale, cosa prevede il progetto di legge

Finalmente è possibile fumarte cannabis ma la legge pone alcuni limite e parecchie eccezioni. Si tratta, ovviamente, del progetto di legge promosso dall’intergruppo “per la legalizzazione della cannabis” guidato dal sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova. Entro tre mesi, quindi entro l’anno, la Camera dovrà dare il via libera ai lavori.

IL POSSESSO – Si stabilisce il principio della detenzione lecita di una certa quantità di cannabis per uso ricreativo – 5 grammi “in tasca” e 15 grammi a casa – non sottoposta ad alcuna autorizzazione, né ad alcuna comunicazione a enti o autorità pubbliche. Rimane comunque illecito e punibile il piccolo spaccio di cannabis, anche per quantità inferiori ai 5 grammi. È inoltre consentita la detenzione di cannabis per uso terapeutico entro i limiti contenuti nella prescrizione medica, anche al di sopra dei limiti previsti per l’uso ricreativo.

AUTOCOLTIVAZIONE – É possibile coltivare fino a un massimo di 5 piante di cannabis “di sesso femminile”.

CANNABIS SOCIAL CLUB – Per la coltivazione in forma associata è necessario costituire un’associazione senza fini di lucro, sul modello dei cannabis social club spagnoli, cui possono associarsi solo persone maggiorenni e residenti in Italia, in numero non superiore a cinquanta. Ciascun cannabis social club può coltivare fino a 5 piante di cannabis per ogni associato.

LA VENDITA – È istituito il regime di monopolio per la coltivazione delle piante di cannabis, la preparazione dei prodotti da essa derivati e la loro vendita al dettaglio. Sono escluse esplicitamente dal regime di monopolio la coltivazione in forma personale e associata della cannabis, la coltivazione per la produzione di farmaci, nonché la coltivazione della canapa esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali.

LUOGHI PUBBLICI – Si stabilisce un principio generale di divieto di fumo di marijuana e hashish in luoghi pubblici, aperti al pubblico e negli ambienti di lavoro, pubblici e privati. Sarà possibile fumare solo in spazi privati, sia al chiuso, che all’aperto.

DIVIETO DI GUIDA – Come per l’alcol, la legalizzazione della cannabis non comporta l’attenuazione delle norme e delle sanzioni previste dal Codice della strada per la guida in stato di alterazione psico-fisica. Nel caso della cannabis, rimane aperta comunque la questione relativa alle tecniche di verifica della positività al tetroidrocannabinolo che attestino un’alterazione effettivamente in atto, come per gli alcolici, e non solo un consumo precedente che abbia esaurito il cosiddetto effetto “drogante”.