Laura Pausini si è confessata in una lunghissima intervista rilasciata a Vanity Fair, in cui ha rivelato le sensazioni più intime che prova alla fine di ogni concerto: “Avverto inquietudine per la solitudine. Mi fa e mi ha sempre fatto paura. Forse cerco sempre di stare in compagnia anche per questo. Quando finiscono i concerti, svaniscono le mani che ti hanno toccato e le voci che hanno gridato il tuo nome, sei solo e si crea un grande vuoto”.

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Laura Pausini ha inoltre parlato della sua infanzia e dell’esperienza di canto vissuta insieme a suo padre, nei piano bar, con i coetanei che la prendevano in giro: “Ero più che ingenua. Da ragazza non vedevo mai il brutto nelle persone che mi si muovevano intorno e nelle cose che mi succedevano. Per distinguere c’è voluto tempo. E per un certo periodo, a forza di prudenze, ero diventata così controllata e guardinga da non riuscire più a essere spontanea. Nei sentimenti l’equilibrio non è una cosa automatica. Per fortuna la leggerezza è tornata. I miei coetanei i mettevano in fila per prendermi per il cu*o. […] Io non avevo nessuna aspirazione ad andarmene”.

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“Volevo suonare, accompagnare mio padre nelle sue serate da piano bar, cantare le mie cinque canzoni e tornarmene a casa a dormire. A casa stavo benissimo. Una volta io e il mio babbo andammo a suonare in Germania, a Treviri, la città di Marx. C’era una festa della birra, dormimmo in albergo per una settimana. Soffrii per ogni singolo giorno che passammo lì. Il posto era lontano e l’albergo era tremendo, ma il punto era che io stavo male anche se mi toccava dormire a Cervia. Quando a Sanremo vinsi tra le Novità, andai dal mio babbo molto preoccupata: ‘Adesso che succede? Mica mi toccherà andare a dormire negli hotel?”. CONTINUA A LEGGERE

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