Tutti amiamo Padre Pio ma nessuno sa bene la storia del santo. San Giovanni Rotondo (Foggia) – Di Massimo Pitti – Solitamente, ai fini della canonizzazione, la Chiesa cattolica ritiene necessario un secondo miracolo, dopo quello richiesto per la beatificazione: nel caso di Padre Pio, ha ritenuto miracolosa la guarigione di Matteo Pio Colella, un bambino di sette anni nato a San Giovanni Rotondo.
Qui di seguito vi raccontiamo la storia della straordinaria guarigione del piccolo Matteo Colella, che portò definitivamente Padre Pio verso la Canonizzazione nel 2002.
Il miracolo decisivo: in una fredda mattina del 20 gennaio 2000 Matteo va tranquillamente a scuola come ogni giorno. Ma la maestra Concetta si accorge dopo qualche ora che sta male (brividi, testa inclinata verso il banco, incapacità di parlare). Vengono chiamati subito i genitori. Sono le 10.30. Il bimbo ha la febbre a 40° e comincia a vomitare. Alle 20.30 della sera quando Matteo non riconosce più la madre tutto si fa più concitato.
Si decide al ricovero immediato alla Casa Sollievo della Sofferenza,l’ospedale di Padre Pio dove il padre di Matteo, Antonio lavora come medico. Le condizioni del bambino appaiono subito disperate. Viene fatta una diagnosi di meningite fulminante. Anzi, per la precisione, nel giro di qualche ora il quadro si fa devastante: meningite acuta con andamento rapidamente progressivo per il determinarsi di uno schock settico e profonda compromissione degli apparati cardiocircolatorio, renale, respiratorio, emocoagulativo, con acidosi metabolica. Il bimbo viene portato in rianimazione.In pratica fin dal primo giorno vari organi vitali sono risultati compromessi. Nel giro di poche ore, al mattino del 21 gennaio, la situazione precipita drammaticamente con “uno stato collassiale, ipertermia, difficoltà respiratoria per desaturazione di ossigeno”.
Si manifestano “segni quali cianosi intensa, edema polmonare, gravissima bradicardia per la grave ipossemia e acidosi metabolica”.I medici ormai disperati si affannano e si agitano attorno al bambino, aumentando al massimo i dosaggi farmaceutici, ma il grave collasso cardiocircolatorio, la difficoltà a ossigenarsi nonostante la ventilazione meccanica, la sofferenza renale e la grave alterazione del sangue, fanno ormai pensare al peggio. Appare tutto inutile. Uno dei dottori – dopo essersi prodigato in ogni modo – a un certo momento, desolato, si ferma e dice: “Ragazzi, non c’è più nulla da fare, il bambino non si riprende”. Si toglie i guanti, va a lavarsi le mani e torna al fianco del fanciullo, con la dottoressa Salvatore, a guardare, ormai impotente, il piccolo Matteo. La dottoressa a questo punto incita a fare un ultimo, disperatissimo tentativo, come farebbe un padre di fronte al figlio. Fu così iniettata una forte dose di adrenalina che sortì qualche piccolo effetto, ma senza poter assolutamente cambiare la situazione ormai tragica del bambino.Il decesso era atteso da un momento all’altro.
Si legge nella “Fattispecie cronologica” del caso (negli atti del processo di canonizzazione di padre Pio): “Il dottor Violi passando in rassegna la fisiopatologia di questa devastante sindrome, ha dimostrato come quando gli organi insufficienti sono in numero superiore a cinque, le varie terapie impiegate risultano inutili, o comunque non hanno mai risolto alcun caso. Non risulta che nella letteratura internazionale ci sia alcun sopravvissuto affetto da tale patologia come quella del piccolo Matteo Pio Colella. Insomma non viene descritta alcuna sopravvivenza, infatti in tal caso la mortalità è del 100 per cento”. La madre, il padre, i familiari sono da anni Devoti di Padre Pio. Si mette in moto una grande catena umana di preghiere a Padre Pio affinché interceda. La mamma del bambino, raggiunta al telefono dalla maestra che chiede di sapere, riesce solo a dire, con la voce strozzata dalle lacrime: “Preghiamo Padre Pio, perché stiamo perdendo Matteo, solo Padre Pio può salvarlo”. Anche tutti i bambini della scuola iniziano a invocare Padre Pio. Così i frati, i parenti, gli amici, gli stessi medici e gli infermieri della “Casa Sollievo della Sofferenza”. Qualche parente addirittura si riavvicina a Dio per implorare il miracolo per il piccolo Matteo. Si susseguono in quelle ore concitate le visite alla tomba di padre Pio, i rosari, le reliquie portate a contatto con il bambino, le lacrime e le invocazioni accorate.E la mattina del 21 gennaio “improvvisamente accade qualcosa di straordinario e con l’incredulità di tutti”, perché “gli organi del bambino riprendono a funzionare”. C’è clamore, commozione, stupore.
Il fenomeno è doppiamente sorprendente, perché già le speranze di sopravvivenza erano pari a zero, ma – nel caso remoto di sopravvivenza – certi erano i gravi danni cerebrali e renali che il bimbo avrebbe comunque riportato. Invece qua il bambino, dopo essere stato dieci giorni sedato e curarizzato, addirittura il 31 gennaio si sveglia, guarda medici e infermieri e dice: “voglio il gelato”. Poi comincia a scherzare con loro. Domenica 6 febbraio il piccolo – ancora in rianimazione – guarda tranquillamente la televisione e gioca alla play-station (introdotta “per la prima volta nella storia della medicina” in rianimazione perché i medici sono interessati a vedere “la risposta intellettiva” del fanciullo). I medici – ovviamente felici – si trovano davanti a qualcosa di inaudito, sconcertante. I genitori e gli amici in una gioia travolgente.Tutti i medici hanno dichiarato l’inspiegabilità scientifica della guarigione (e della mancanza di danni). Uno per tutti, il Dottor Alessandro Villella: “non sono in grado di spiegare scientificamente la completa guarigione del piccolo Matteo Colella, senza dover pensare che possa esservi stato un intervento soprannaturale”.Molto bella è la testimonianza data dalla madre al postulatore della causa di canonizzazione di Padre Pio: “qualunque sarà la decisione degli uomini su questo caso, la mia convinzione profonda di mamma e di credente rimarrà che mio figlio è tornato a noi perché il Signore immeritatamente ce l’ha restituito, è intervenuto a consolarci nella sua immensa misericordia, con l’intercessione del nostro caro Padre Pio”.
La signora riferisce di segni inequivocabili della vicinanza del padre (per esempio un intenso “dolcissimo e gioioso” profumo di rose e viole da lei avvertito) e aggiunge: “Solo il Signore sa il senso di tutto ciò che è accaduto alla nostra famiglia. La mia certezza è che Egli ci è stato vicino e ci ha benedetti, grazie anche alla intercessione e alla preghiera amorevole di Padre Pio che, della sua missione sulla terra, diceva: ‘Come sacerdote la mia è una missione di propiziazione: propiziare Iddio nei confronti dell’umana famiglia’. E così è stato, caro Padre Pio, ci hai abbracciati nella prova e ci hai raccomandati a Dio”.E il piccolo Matteo? Ricorda nulla di quelle ore di incoscienza? Per la medicina egli non doveva sentire, né vedere nulla, tantomeno ricordare qualcosa. Ma interpellato subito dopo il suo risveglio, Matteo riferì invece un ricordo molto preciso e sconvolgente: “Durante il sonno io non ero solo. Ho visto un vecchio. Mi sono visto da lontano, in questo letto, attraverso un buco tondo. Io ero vicino ai macchinari e un vecchio con la barba bianca e vestito lungo e marrone, mi ha dato la mano destra e mi ha detto: ‘Matteo, non ti preoccupare, tu presto guarirai’, e mi sorrideva”.
Grazie Padre Pio!
La mamma di Matteo, Maria Lucia Ippolito, ha scritto un bellissimo libro per ringraziare Padre Pio e per testimoniare quanto accaduto. Il libro si intitola “Il miracolo di Padre Pio” edito da Mondadori ed ha venduto milioni di copie in tutto il Mondo. Inoltre ha fondato Il Cireneo, una Associazione di volontariato per aiutare i giovani disabili e le famiglie in difficoltà.

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