La situazione del Monte dei Paschi di Siena è finita ancora di più sotto la lente d’ingrandimento. Il rischio, per lo storico istituto toscano, sembra essere quello di una nazionalizzazione. In un primo momento sono stati gli azionisti storici a vedere i propri investimenti portati a zero, poi i piccoli obbligazionisti. Ora invece sono le filiali, con i loro vari clienti, a preoccuparsi per il futuro dei propri conti correnti. Per capire meglio la situazione, prendiamo come esempio le risposte che Il Sole 24 Ore ha dato a due richieste di spiegazione da parte dei propri lettori: “Sono in possesso di circa 3mila azioni Montepaschi. Volevo sapere cosa può succedere in caso di intervento statale”, chiede il titolare di una farmacia… PER CONTINUARE A LEGGERE, CLICCA SUL PUNTO 2 DELL’INDICE[nextpage title=”Gli scenari possibili”]
Il quotidiano economico risponde così: “Al momento in cui scriviamo non è possibile stabilire il valore delle azioni Mps dopo l’aumento di capitale e l’eventuale intervento statale. Il loro valore potrebbe ancora ulteriormente deprezzarsi così come apprezzarsi se il piano di risanamento che prevede anche la cessione dei crediti deteriorati sarà valutato positivamente dal mercato. In ogni caso ci pare improbabile sia nel breve che nel medio periodo che le azioni Mps ritrovino i valori osservati negli anni precedenti la crisi”. Un semplice correntista ha invece chiesto delucidazioni su cosa potrà accadere in futuro: “Premesso che il fondo di garanzia tutela i risparmiatori nei limiti previsti – risponde Il Sole 24 Ore – il lettore deve valutare se la banca è la sua unica controparte finanziaria e se cosi fosse è comunque opportuno diversificare, perché in caso di fallimento di Mps, la procedura sui conti correnti si attiva solo al momento della liquidazione coatta amministrativa e quindi rischierebbe di trovarsi senza poter accedere al proprio denaro per un periodo di tempo incerto. L’obbligazione citata, scadrà nel novembre del 2018, e scambia intorno a 88… PER CONTINUARE A LEGGERE, CLICCA SUL PUNTO 3 DELL’INDICE[nextpage title=””]
anche se il mercato è piuttosto rarefatto per questi titoli e quindi non è facile alienarlo sul mercato. Lo spread è di circa l’8% sulla curva dei rendimenti, per avere un idea al momento del collocamento era meno dell’1%. Alla luce di quanto noto oggi, le obbligazioni senior come questa non dovrebbero subire nessuna decurtazione del valore o essere interessate al processo di ricapitalizzazione e, quindi non ci sono controindicazioni a tenerle fino alla naturale scadenza. Considerazioni valide solo se il titolo rappresenta una percentuale contenuta dei propri investimenti, altrimenti crediamo opportuno che la sua sostituzione con uno strumento diversificato (Etf o fondo) sia assolutamente necessaria per evitare un rischio di concentrazione che potrebbe dimostrarsi molto oneroso in un futuro non troppo lontano. Il lettore fa bene a contattare la banca per avere un’altra visione del problema, è opportuno che si ricordi dell’inevitabile conflitto di interesse di fronte al quale si troverà il funzionario nel rispondere ai suoi più che ragionevoli quesiti”.