Il tema della cosiddetta “fuga dei cervelli” è sempre uno dei problemi principali che affligge il nostro Paese. Ai microfoni di Quotidiano.net, Sabina Berretta ha raccontato la sua esperienza. Oggi è una ricercatrice di Harvard, ma da neolaureata ha dovuto anche lei cercare fortuna all’estero: “Durante l’università alla facoltà di Medicina a Catania ho fatto ricerca per cinque anni senza stipendio, praticamente da volontaria. Nel ‘89 mi sono laureata e neanche a quel punto c’era posto per me in accademia. Dopo quell’esperienza da precaria ero molto delusa, ma amavo l’Italia e volevo restare”… PER CONTINUARE A LEGGERE, CLICCA SUL PUNTO 2 DELL’INDICE[nextpage title=”La decisione”]
Per restare nella sua Sicilia, era disposta anche a svolgere un ruolo meno qualificato come quello di bidella: “Il bidello della facoltà andava in pensione e si liberava il posto. Così io e altri miei colleghi abbiamo deciso di fare domanda. Nemmeno lì mi hanno assunta. Allora ho deciso: partecipare al bando per una borsa di studio alla Scuola di medicina del Mit. Sono stata presa e lì ho passato sei anni, prima di Harvard”… PER CONTINUARE A LEGGERE, CLICCA SUL PUNTO 3 DELL’INDICE[nextpage title=”Oggi ha un ruolo importantissimo”]
Scelta azzeccata, oggi Sabina è docente di Neuroscienze al dipartimento di psichiatria e dirige l’Harvard Brain Tissue Resource Center, una banca dei cervelli tra le più grandi al mondo: “Ne arrivano circa 150: noi li possiamo accettare solo dagli Stati Uniti. In tutto ne abbiamo 3mila. Le innovazioni tecnologiche stanno raggiungendo livelli altissimi, ma ora manca la sostanza su cui fare ricerca. Abbiamo bisogno che più persone donino il proprio cervello, solo così potremo sviluppare medicine migliori per malattie come Alzheimer o Parkinson”.