Quanto accaduto in Germania con la Volkswagen, accusata di avere eseguito dei test con delle cavie umane in riferimento alle emissioni di gas dei propri veicoli, ha aperto il dibattito sul tema. Non si tratta di qualcosa di inedito, infatti, perché le cavie umane sono purtroppo una realtà che accomuna molti paesi. Lo conferma l’intervista al Corriere della Sera di Giulio Zampini, una di queste persone disposte a testare farmaci sul proprio corpo in cambio di denaro:
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«Entri la sera prima, intorno alle nove, fai analisi del sangue, urine e alcol test. La mattina dopo ti svegli alle 7, elettrocardiogramma, prelievo del sangue e assunzione del farmaco. Da lì devi stare a letto e fare prelievi a scalare, ogni cinque minuti, ogni dieci, ogni mezzora, ogni ora, fino a dopo pranzo, quando i prelievi cadono ogni tre ore e ti puoi muovere liberamente dentro la struttura. Nella seconda e terza giornata, invece, prelievi ogni sei ore, c’è più libertà di movimento, ma anche l’esigenza di rispettare sempre il regime alimentare per i pasti: zero spuntini, altrimenti la ricerca è falsata». E ancora:
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«In dieci anni ho partecipato a quattro studi e la paga totale suddivisa per le ore passate al Centro dà una media di 10 euro l’ora. Sembrano pochi eppure se entri la domenica sera ed esci il giovedì mattina puoi essere già sui 720 euro. Una volta ho fatto entrate e uscite di tre giorni dal Centro per quattro volte, quella cifra moltiplicata per quattro, ti ci paghi gli studi o una vacanza. Essendo…
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volontario sano, come detto, la maggior parte delle volte, per me, si tratta di test di farmacocinetica, in cui si studiano assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione del farmaco. Non sono un paziente con una patologia e quindi non partecipo a quegli studi in cui si vuol vedere se un farmaco funziona».