12 anni, ha il cancro e rifiuta la chemio: “Preferisco morire”

Sta facendo discutere la vicenda di un bambino di 12 anni che ha richiesto e ottenuto di non seguire il percorso di chemioterapia. Il padre ha tentato di opporsi alla scelta del figlio, ma i giudici hanno dato ragione al piccolo, malato di un tumore al cervello. Dopo essersi sottoposto a intervento chirurgico e radioterapia, il bambino non ha voluto proseguire con la chemio per paura degli effetti collaterali. Il Presidente vicario del Comitato nazionale di bioetica, Lorenzo D’Avack, spiega che una cosa del genere potrebbe succedere anche in Italia:

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“A quest’età il ragazzo è considerato tecnicamente un «grande minore», cioè sotto la maggiore età ma comunque in grado di «intendere e di volere». Anche in Italia potrebbe accadere che un tribunale possa arrivare alla conclusione di ritenere che un ragazzo è perfettamente capace di intendere e volere nella sua eventuale decisione di non sottoporsi ad una cura. Il ricorso al giudice può avvenire, nel nostro Paese, anche da parte del medico. Il minore ovviamente non ha ancora piena capacità di intendere e di volere, non è equiparato a un maggiorenne che può rifiutare un trattamento sanitario. Il giudice, come i medici, devono informarlo correttamente su quelle che sono le conseguenze del rifiuto. Appurato che…

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il ragazzo sia stato in grado di capire svantaggi e svantaggi, rimane il fatto che formalmente il giudice deve valutare quello che è il migliore interesse per il ragazzo. In genere queste vicende dovrebbero trovare un consenso da parte dei genitori e in Italia il medico sarebbe chiamato a cercare di trovare una soluzione. Ma in ogni caso, queste cose vanno decise e giudicate sulla base delle cartelle cliniche. Osservazioni astratte lasciano il tempo che trovano. Come quello che sta succedendo per Charlie, si dovrebbero conoscere perfettamente le sue condizioni, e comprendere se il trattamento è salvavita, efficace, necessario”.

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